Giuliano Serafini


Piero Simonelli


Augusto Benemeglio


Antonio Basile


Gino Schirosi


Giuliano D'Elena


Francesco Spadafora


Giuseppe Albahari


Mario De Marco


Gabriella Sbardella


Massimo Bartolotti


Gigliola Blandamura


Bruno Ranieri


Alberto Pellegrini

Al primo impatto con la pittura di Mimmo ANTERI viene da domandarsi "dove" si colloca il suo universo poetico; e non tanto se in area figurativa o informale (una problematica, questa, che fortunatamente non fa più parte del repertorio critico-esegetico), ma piuttosto in quale dimensione, se fisica o metafisica.
E forse l'interrogativo contiene già la soluzione, nel senso che ANTERI può aver scelto appunto l'ambiguo quale criterio formale e narrativo, decidendo di fondare su di esso la sua poetica.
Anche in riferimento ai tempi, non potremmo dargli torto, tenuto conto della massiccia transumanza creativa di oggi verso le frontiere più disabitate. Con la differenza che l'artista dimostra di non voler seguire le modalità, i modi e le mode che contraddistinguono quel fenomeno, disponendo di un linguaggio pittorico che tende a una formula propria, formula costruita con rigore e derivata da una lunga attenzione al fattore tecnico, e dunque al "mestiere".

Vediamo ora di analizzare i segni attraverso cui si manifesta "l'ambiguità" di questa pittura. C'è innanzitutto un elemento-spia che determina l'impostazione dell'immagine, e che in sé allude a uno sdoppiamento e a una dicotomia, o comunque ad una frattura verificatasi all'interno della visione dell'artista. La superficie della tavola appare infatti divisa a metà, longitudinalmente, in due distinte campiture che indicano altrettanti territori d'azione visiva: una sorta d'orizzonte il cui livello si alza e si abbassa secondo le necessità dell'immagine, cioè in base alla sua economia narrativa. Diremmo una linea di demarcazione non solo tra due spazi, ma tra due entità, due dimensioni contrapposte fin nella loro cifra cromatica: l'una chiara e atmosferica, quasi un fondale destinato ad accogliere la "scena" rappresentata sul filo dell'orizzonte; l'altra una zona d'ombra, di certo un riferimento terrestre e gravitazionale.

Ci sono poi queste forme molli e insieme geometriche, che il disegno e la luce definiscono plasticamente fino a prefigurare una loro possibile identificazione. Tanto che si potrebbe parlare di iperrealismo del non reale, o meglio, del non visibile, perché è ormai chiaro che queste strutture metamorfiche e fluttuanti vengono da lontano, sono eidola espulsi dalla memoria e subito devitalizzati da uno sguardo che si è fatto distante. In una dominante monocroma, ANTERI associa sagome piatte e come ritagliate a frammenti di solidi che si riflettono l'un l'altro e rimandano il loro profilo in un gioco incessante di trasparenze e riflessi metallici. Still life tecnologiche? Il richiamo al materiale industriale potrebbe suggerirlo, ma è anche innegabile che, ambiguità per ambiguità, si è a un passo da una nuova avventura. Ed è appunto in questa direzione  che è quella del profondo che l'artista troverà gli spunti necessari, e più congeniali, a portare avanti la sua opera.
                                                                                   Giuliano Serafini