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Al primo
impatto con la pittura di Mimmo ANTERI viene da domandarsi "dove" si colloca
il suo universo poetico; e non tanto se in area figurativa o informale (una
problematica, questa, che fortunatamente non fa più parte del repertorio
critico-esegetico), ma piuttosto in quale dimensione, se fisica o
metafisica.
E forse l'interrogativo contiene già la soluzione, nel senso che ANTERI può
aver scelto appunto l'ambiguo quale criterio formale e narrativo, decidendo
di fondare su di esso la sua poetica.
Anche in riferimento ai tempi, non potremmo dargli torto, tenuto conto della
massiccia transumanza creativa di oggi verso le frontiere più disabitate.
Con la differenza che l'artista dimostra di non voler seguire le modalità, i
modi e le mode che contraddistinguono quel fenomeno, disponendo di un
linguaggio pittorico che tende a una formula propria, formula costruita con
rigore e derivata da una lunga attenzione al fattore tecnico, e dunque al
"mestiere".
Vediamo ora di analizzare i segni attraverso cui si manifesta "l'ambiguità"
di questa pittura. C'è innanzitutto un elemento-spia che determina
l'impostazione dell'immagine, e che in sé allude a uno sdoppiamento e a una
dicotomia, o comunque ad una frattura verificatasi all'interno della visione
dell'artista. La superficie della tavola appare infatti divisa a metà,
longitudinalmente, in due distinte campiture che indicano altrettanti
territori d'azione visiva: una sorta d'orizzonte il cui livello si alza e si
abbassa secondo le necessità dell'immagine, cioè in base alla sua economia
narrativa. Diremmo una linea di demarcazione non solo tra due spazi, ma tra
due entità, due dimensioni contrapposte fin nella loro cifra cromatica:
l'una chiara e atmosferica, quasi un fondale destinato ad accogliere la
"scena" rappresentata sul filo dell'orizzonte; l'altra una zona d'ombra, di
certo un riferimento terrestre e gravitazionale.
Ci sono poi queste forme molli e insieme geometriche, che il disegno e la
luce definiscono plasticamente fino a prefigurare una loro possibile
identificazione. Tanto che si potrebbe parlare di iperrealismo del non
reale, o meglio, del non visibile, perché è ormai chiaro che queste
strutture metamorfiche e fluttuanti vengono da lontano, sono eidola
espulsi dalla memoria e subito devitalizzati da uno sguardo che si è fatto
distante. In una dominante monocroma, ANTERI associa sagome piatte e come
ritagliate a frammenti di solidi che si riflettono l'un l'altro e rimandano
il loro profilo in un gioco incessante di trasparenze e riflessi metallici.
Still life tecnologiche? Il richiamo al materiale industriale
potrebbe suggerirlo, ma è anche innegabile che, ambiguità per ambiguità, si
è a un passo da una nuova avventura. Ed è appunto in questa direzione che
è quella del profondo che l'artista troverà gli spunti necessari, e più
congeniali, a portare avanti la sua opera.
Giuliano Serafini |